“C’è una sola via attraverso cui possiamo contattare gli strati più profondi della nostra esistenza, ringiovanire il nostro pensiero e raggiungere l’intuizione e il silenzio interiore, bisogna esercitarsi ad ascoltare i propri pensieri. Dopo aver padroneggiato l’ascolto interiore si può procedere all’esercizio fondamentale, quello dell’allenamento al silenzio interiore” F. Perls, L’Io la fame e l’aggressività.
Sviluppatasi negli Stati Uniti a partire dagli anni ’50, la Terapia della Gestalt, come approccio alla psicoterapia nonchè come stile di vita, si è sviluppata grazie alla incomparabile opera di Fritz Perls. Rappresenta attualmente uno degli indirizzi più suggestivi ed innovativi del vasto panorama di orientamenti psicoterapeutici e di scienze umane e suscita un crescente interesse che ha contagiato innumerevoli persone anche nel nostro Paese, nel quale è stato originariamente introdotto da Natasha Mann e Barrie Simmons.
Il lavoro sulla consapevolezza rappresenta probabilmente la caratteristica principale dell’approccio gestaltico. Il termine di awareness(consapevolezza) viene preferito a quello di insight, per sottolineare l’aspetto olistico dell’atto conoscitivo stesso che implica una componente non solo intellettiva, ma anche immaginale, emozionale e sensopercettiva. Noi siamo noi stessi in ogni gesto, in ogni azione, e anche in ogni menzogna e in ogni interruzione autoimposta. L’mportante è acquistarne consapevolezza, appropriarci responsabilmente di chi siamo e di cosa facciamo. Solo così, se lo scegliamo, potremo mutare i nostri schemi ripetitivi ed insoddisfacenti.
“L’autorealizzazione è possibile solo se la consapevolezza del tempo e dello spazio penetra ogni angolo della nostra esistenza; fondamentalmente essa è il senso dell’identità, l’apprezzamento della realtà del presente” (L’Io la fame e l’aggressività).
Due possono dirsi gli elementi che la Terapia della Gestalt ritiene essenziali per l’ottenimento di consapevolezza e autorealizzazione: una chiara percezione della relazione tra figura e sfondo (da cui, appunto Gestalt) e il radicamento nel qui ed ora ottenuto grazie alla chiusura delle situazioni inconcluse (unfinished business).
“Primo piano e sfondo devono essere facilmente intercambiabili, secondo le esigenze del mio essere. Se così non è, abbiamo accumulazione di situazioni non finite, di idee fisse, di rigida struttura caratteriale. Ai confini avremo turbe del sistema dell’attenzione: confusione, la perdita di contatto, l’incapacità di concentrarsi e di coinvolgersi” (F. Perls, Qui ed Ora. Psicoterapia autobiografica). Perls estende il significato della dinamica figura/sfondo dal campo dei fenomeni percettivo-visivi a quello più generale che riguarda la modalità che ha l’individuo di rapportarsi tanto all’ambiente esterno quanto al proprio spazio interiore.
Parafrasando un detto zen possiamo evidenziare come siamo esposti ad un susseguirsi di esigenze o desideri che ci disconnettono dalla naturalezza : se vuoi fermarti, siediti; se hai fame, mangia; se sei stanco, coricati e dormi”.
L’attitudine di cogliere la realtà emergente, l’elemento che è più carico di significato e di energia in un preciso momento, consente all’individuo sano di concentrare su di esso tutta la sua attenzione, gli consente cioè di mobilizzare tutte le sue energie e a trovare le strategie più utili per realizzare uno scambio vantaggioso di dare-avere. Per ottenere la concentrazione energetica che consente il raggiungimento di obiettivi specifici occorre la capacità di lasciare sullo sfondo gli elementi meno significativi. L’incapacità di far emergere da un campo una figura su cui concentrare la propria attenzione ed energia rappresenta infatti un frequente motivo di insuccesso a livello esistenziale.
Un altro aforisma zen dice: “se ho fame mangio. Non è questo un miracolo?”. A pensarci bene, infatti, quante volte mangiamo pur non avendo fame o non mangiamo pur avendone?
Se non subiamo interferenze per situazioni irrisolte, disponiamo di tutte le nostre energie per entrare autenticamente in contatto con l’ambiente in cui ci troviamo. Tale flusso di scambi soddisfacenti con l’ambiente è però troppo spesso interrotto dal situazioni di blocco e di autointerferenza, da questioni insolute del passato che ci ostruiscono la strada del presente. Anziché andare a riesumare i resti mal rintracciabili di un più o meno remoto passato, come nell’Analisi, la Gestalt individua la struttura interna del modo attuale di relazionarsi all’ambiente (e a sè stessi) così da far emergere i meccanismi di autolimitazione e le fantasie che a livello più o meno consapevole li sostengono.
Il lavoro terapeutico consiste pertanto nell’identificare blocchi, sciogliere nodi, aprire circoli viziosi, canalizzare energie intrappolate, integrare dialetticamente vissuti conflittuali, scoprire le carte di un dialogo tra oggetti interni, trasformare distruttività in aggressività e desiderio, riappropriarci di parti amputate di noi stessi che premono dolorosamente contro barriere e censure che ci siamo imposti; è rinforzare le nostre attitudini più assertive e responsabili; è scoprire nell’istinto di morte il volto di un più vasto istinto per la vita, è sperimentare l’amore di sè che comprende l’altro.