Quando molti anni fa arrivai a Kathmandu pensai di essere giunto in paradiso. La città appariva come un villaggio cresciuto in fretta, con bizzarre strade come piazza principale e punto di ritrovo. Le strade fangose dell'inverno erano vive di caos e meraviglia. Dappertutto c'erano lama nelle loro tuniche rosso sangue e sadhu coperti di arancione, con capelli selvaggi e facce ancora più selvagge, santoni di ogni genere, colore e fede: ogni tradizione si faceva strada attraverso questo sogno medievale che pareva appartenere ad un'altra dimensione. Le gite agli stupa (i templi tibetani) a Swayambhu e Bodhinath mi riempivano di euforia. Era un paradiso di ruote e di bandiere di preghiera, torte sabbiose e botteghe per il chai, formaggio di momo e di yak, rickshaw e vecchie biciclette, una rissa di colori e suoni, con enormi tori stazionanti nelle strade affollate e le più alte cime del mondo che ti guardavano verso il basso dalle loro altezze impossibili.
Come molti occidentali a quel tempo, finii per arrivare al monastero di Kopan in alto sulle colline che sovrastavano Bodhinath. Presi una casa, che era in effetti una stalla, e iniziai a vivere lì, tra i campi di riso a terrazza al di sotto del monastero. Il pavimento della mia camera era fatto di fango secco e sotto di me potevo sentire gli animali al piano terreno muoversi intorno nella notte. Le stelle erano così vicine e luminose che mi pareva di poterle toccare e visitare – le mie amiche, le stelle.
Lama Yeshe, una figura simile all'abate del monastero, mi diede le mie prime meditazioni, che feci con gran devozione e ardore. Erano meditazioni basate sul respiro e visualizzazioni, o sul semplice stare seduto in silenzio, portando consapevolezza ai miei sensi e pensieri. Lama Yeshe enfatizzava l'importanza delle Quattro Nobili Verità del Buddha, che indicano l'esistenza di una causa della sofferenza e un modo per porne fine. Pensai fosse la mia strada per l'Illuminazione. Avvolto in una coperta di lana, meditavo molte ore al giorno su una bassa panchetta di legno e sperimentai le esperienze di trovarmi fuori dal corpo, di scomparire come sé separato, di unione e unità con l'esistenza intera.
Persi 20 chili in pochi mesi senza neanche accorgermene, poiché non c'erano bilance intorno. Più tardi mi stupii scoprendo che pesavo meno di 70 chili e che tutti i vecchi amici mi reputavano troppo magro, un evento estremamente raro nella mia vita.
Lessi un sacco di libri, dai Foundations of Tibetan Mysticism di Lama Govinda, a Il disagio della civiltà (Civilization and Its Discontents) di Freud. Ogni settimana salivo su ad incontrare Lama Yeshe a fargli un resoconto delle mie esperienze e ricevere meditazioni e guida. Fu un periodo di estasi, beatitudine e meraviglia.
In quei giorni tutto pareva avere un significato che andava al di là di se stesso. Tutto pareva essere completamente vivo, perfino gli oggetti inanimati. C'era sempre un senso di mistero intorno ai lama che incontrai, qualcosa di primordiale e sconosciuto. Avevo un contatto intimo con tutto intorno a me, anche con gli strani insetti che facevano visita alla mia casa. Sentii che stavo divenendo sempre più consapevole del mio sonno e dei miei sogni, così come della realtà della veglia. Diventavo sempre più consapevole anche dei pensieri e sentimenti delle altre persone. Il mio spirito e il mio corpo era trasparente, come se stesse vivendo in aria, nella luce. Talvolta mi recavo sulle colline dietro il Monastero e guardavo i falchi volare in cerchio sopra gli alberi. Stare steso e guardare il cielo blu fu così intenso che tutta la mia energia si unì al respiro, e mi sentii come se fossi l'uccello in volo alto sugli alberi, come se fossi le bianche nuvole che si muovevano nel cielo, come se fossi semplicemente questa incredibile vasta presenza che non appartiene a nessun tempo, posto o forma.
Dieci anni dopo, in quello che mi apparve come un'altra incarnazione, mi trovai nell'amaro divorzio con mia moglie: avevo perso ogni direzione nella vita, ero fuori dal lavoro, e mi sentivo come se fossi stato esiliato in mezzo al deserto. Ero arrivato all'inferno e non c'erano vie d'uscita, eccetto il suicidio. Disperazione, avversione verso di me, mancanza di speranza mi riempivano. Il mio intero corpo era dolorante per l'ansia. Il mio spirito era sommerso dalla paura e dell'angoscia. Mi sentivo come appeso in croce, un bambino indifeso, smarrito e torturato. Tutto pareva avere un'incredibile peso e oscurità e non c'era modo di uscirne.
In seguito il problema scottante della mia vita fu come riconciliare queste due esperienze: paradiso e inferno, Nirvana e Samsara, estasi e agonia. Che senso poteva avere una vita con contrasti così estremi e dolorosi? Qual era il significato delle mie esperienze di unità e luce, di amore, compassione, innocenza e gioia, se io potevo anche fare esperienza dell'avversione, del terrore, dell'angoscia, della separazione e dell'oscurità? La questione ha continuato a consumarmi in molti anni di ricerca personale.
Non trovai veramente risposte a queste domande fino quando non arrivai a Puna (India), dove ero stato invitato da una fidanzata precedente. Improvvisamente fui coinvolto dal lavoro di Osho – terapia, meditazione, intense relazioni d'amore, discorsi di Osho bizzarri e meravigliosi, che mi toccavano il cuore. Iniziai a capire quanto il mio ammaestramento tibetano buddista avesse represso la mia energia vitale, specialmente tutta l'energia collegata al sesso e alla rabbia, che era severamente giudicata. Sebbene il mio contatto con il Buddismo Tibetano mi portò meravigliose esperienze di meditazione, fui spesso non in contatto con il mio corpo fisico e emozionale, con i miei desideri, il mio dolore e la mia gioia.
Grazie ad Osho, mi immersi un uno sfarzo di terapie e meditazioni: Terapia Primal, Fisher-Hoffman, meditazione dinamica e Mystic Rose, bioenergetica, lavoro neo-Reichiano, terapia Gestalt, Rolfing, Rebalancing, Rebirthing e lavoro con il respiro. Tutti i centri di energia del mio corpo iniziarono a diventare vivi. Mi sentivo come se i miei piedi finalmente potessero finalmente toccare il terreno e potessi respirare di nuovo. Mi sentivo come risvegliato da un lungo sonno, come se divenissi sempre più giovane, mentre nei giorni e nelle settimane navigavo attraverso l'esperienza di molte vite. Mi sentivo vibrante, selvaggio e imprevedibile. Era un'apertura creativa ai miei sentimenti e alla mia vulnerabilità mai conosciuta prima. Scrissi due libri di poesia durante quel periodo e imparai molto più su me stesso di qualsiasi altro momento della mia vita.
Durante questo tempo di esplorazione, riscoprii l'Enneagramma. Negli anni prima di Kathmandu, avevo vissuto a Isfahan, in Iran, dove molti dei miei amici erano coinvolti nel lavoro di Gurdijeff. Dietro loro incitamento, lessi Alla ricerca del miracoloso di Ouspensky, che ebbe su di me un effetto profondo, e mi introdusse anche a questo strano diagramma chiamato Enneagramma. Questo sistema di nove tipi di personalità, portato in Occidente dal mistico russo Gorge Gurdijeff, è diventato negli anni più dettagliato e psicologico. Ciascuno dei tipi ora rappresenta uno specifico profilo psicologico, come narcista, paranoide, schizoide e così via, al posto dei profili moralistici cristiani che dominavano il primo Enneagramma e che mi apparivano più come peccati o difetti di carattere.
Potevo ora chiaramente vedere il mio tipo personale, il Romantico-tragico numero Quattro, e, francamente, l'accuratezza della descrizione della mia personalità mi lasciò attonito. Come poteva una persona o un sistema avere così tante informazioni su di me? Come poteva una persona conoscere così tanti dettagli intimi della mia vita personale, dei miei pensieri, dei miei sentimenti, dei miei punti deboli? Tuttavia, anche se a quel tempo lavoravo con le persone in gruppi o sessioni individuali, non ero in grado di capire l'utilizzo pratico di questo sistema di tipi di personalità, che in ultima analisi non sembrava migliore della caratterizzazione di Meyer Briggs o di quella Jungiana in generale.
Non almeno a sette anni più tardi, quando incontrai il lavoro dell'Essenza di Faisal e Almaas, e finalmente iniziai a capire il vero significato dell'Enneagramma, ossia che non è un sistema di tipi di personalità, ma qualcosa di più simile ad uno specchio cosmico che ci riporta nove diverse dimensioni di noi stessi. Queste nove dimensioni di noi contengono sia la radianza dell'essenza, sia le difficoltà che noi incontriamo quando l'essenza è bloccata. Qui in ultimo c'era la risposta che alla domanda che io portavo con me da tanti anni; qui in ultimo c'era la connessione tra le esperienze di meditazione avute a Kathmandu e le esperienze di pena e separazione avute nella mia vita personale.
Ciascuno dei nove punti dell'Enneagramma rappresenta una qualità essenziale, come la volontà, la gioia, la forza, e così via. Le qualità dell'essenza sono simili ad un legame mancante tra l'ego e l'Essere. Per esempio, il tipo Sei dell'Enneagramma, lo Scettico leale, rappresenta l'Essenza Bianca, la qualità della Volontà. Come dimensione dell'Essere questa qualità significa l'arresa alla volontà di Dio, alla volontà dell'Esistenza. Rappresenta la fiducia totale in quello che è. Dentro di noi l'Essenza Bianca è sentita come senso di solidità, perseveranza, fiducia in sé e autorità interiore. Ma anche rappresenta ciò che impedisce a questa qualità dal far parte delle nostre vite. E ciò che blocca l'Essenza Bianca, o la diminuisce, è la nostra sensazione che ci manca un supporto da dentro, la nostra sfiducia, le nostre paure di sopravvivenza, la mancanza di supporto che abbiamo sentito dai nostri padri e madri, le nostre sensazioni di castrazione e debolezza, di non sentirsi abbastanza o di non avere ciò che serve. Il risultato è che noi continuamente ci spingiamo, e viviamo le nostre vite in stress, tensione, e esaurimento.
L'Enneatipo Sei ruota intorno alla disconnessione dall'Essenza Bianca. Questa personalità può essere vista come la perdita dell'Essenza della volontà. Tutto il dubbio e la sfiducia, tutta la carica attività mentale dello Scettico è azionata dalla sua disconnessione con l'Essenza della Volontà. Il tipo Sei cerca di avere fiducia in sé, di essere solido, di essere coraggioso, ma è ossessionato dal dubbio e dalla paura. Tutti i tipi di personalità dell'Enneagramma sono azionati dalla perdita di una particolare qualità essenziale e dall'inconscio desiderio di recuperarla. Sotto questa luce, la nostra personalità può essere compresa come un'imitazione dell'essenza. Lo Scettico è un'imitazione dell'Essenza Bianca.
Ciascuno dei nove tipi di personalità rappresenta un aspetto universale di noi stessi. Quando siamo nella dramma di una relazione o di una separazione ci muoviamo naturalmente verso l'Enneagramma Quattro, il Romantico-tragico, verso sentimenti di abbandono e perdita. Nel ruolo di educatori dei nostri figli, faremo esperienza di aspetti della personalità Due, il Donatore e l'Aiutante. Quando siamo in dubbio o in conflitto con l'autorità, andiamo naturalmente verso le tematiche dell'Enneagramma Sei, lo Scettico. L'Enneagramma è un indicatore euristico che punta verso il modo per arrivare a ciò che abbiamo da imparare o integrare, e allo stesso tempo che ci mostra il modo per risvegliare le essenze bloccate, diminuite o non più possedute. Ma uno dei nove tipi è il nostro tipo di personalità. Il nostro ego si preoccupa della perdita dell'essenza posta al centro della nostra personalità, e cerca di generare questa particolare essenza, cerca, senza riuscirci, di essere questa essenza. Possiamo vedere la nostra personalità come una maschera o una conchiglia che si è formata intorno alla perdita di questa essenza. È un atteggiamento o attitudine fissi (fissazione) che è intrinsecamente radicato sulla difensiva e nel cercare di compensare quanto mancante.
In altre parole, le qualità essenziali sono sia la porta al nostro Essere, alla nostra casa spirituale, sia la porta alla realtà del nostro ego e alle problematiche che dobbiamo esplorare completamente. L'Essenza è la porta alla nostra vastità ed espansività, ed è anche la porta alle nostre limitazioni. E noi dobbiamo lavorare con entrambe queste realtà per essere interi, sani, umani.
Uno dei regali che ho ricevuto dal mio lavoro con l'essenza è un senso di maturità, nel mio lavoro e nelle mie relazioni, così come nella mia ricerca personale. Le esperienze di vita sono digerite con facilità o difficoltà secondo cosa io ho davvero integrato e cosa ancora necessita di più attenzioni. E le qualità essenziali gradualmente diventano sempre più accessibili alla mia vita quotidiana. Sono andati i giorni passati ad occhi spalancati nella ricerca spirituale in ambienti esotici. Sono andati i giorni in cui pensavo che la terapia avrebbe guarito tutte le mie ferite e difetti. Sono andati i giorni di ricerca della verità o terapia finale, o di comunità spirituali. Sono del tutto solo in questa faccenda. Sento compassione per il mio sé Romantico-tragico, che ancora cerca di essere speciale, che ancora cerca di essere la luce, che ancora cerca di iniettare un po' di dramma nelle mie relazioni o nelle mie situazioni di vita. Ma il dramma non è più quello di una volta. Spesso vedo un movimento in me stesso verso i vecchi comportamenti e reazioni, ma non ci vado. Qualche volta è imbarazzante. Mi sembra di aver perso la sceneggiatura, la trama della mia storia. Qualche volta rido di gusto. E continuo a lavorare.